Uomo e Macchina: La Sfida dell’Intelligenza Artificiale alla Luiss

Questa mattina, all’Università Luiss di Roma, si è tenuta una conferenza di grande interesse sull’Intelligenza Artificiale. Tra i protagonisti anche Banca Intesa Sanpaolo, descritta come una realtà sempre più attenta alle esigenze dei cittadini.

La Luiss, che da oltre 50 anni forma la futura classe dirigente italiana, ha lanciato un segnale chiaro: non si può più parlare di formazione senza considerare l’IA. A testimonianza di questo, è stato istituito un Dipartimento dedicato all’Intelligenza Artificiale, a dimostrazione di quanto questo tema sia ormai centrale.

Viviamo in un’epoca di trasformazioni continue. Il mondo del lavoro cambia rapidamente e, per stare al passo, è fondamentale rigenerare le competenze. Le imprese, se vogliono sopravvivere e prosperare, devono ripensarsi, adattandosi a una realtà dove tutto è connesso e la comunicazione è istantanea.

Tuttavia, l’Italia sembra ancora in ritardo rispetto ad altri Paesi in questo settore. Oltre 100.000 giovani hanno lasciato il nostro Paese negli ultimi anni, attratti da contesti più dinamici. Pochi sono tornati.

Siamo di fronte a una nuova Rivoluzione Industriale. Il concetto chiave non è più solo “automazione”, ma interazione tra esseri umani e intelligenze artificiali. L’IA non è una minaccia al lavoro umano, bensì uno strumento per lavorare meglio, insieme.

Certo, le paure non mancano. C’è chi teme che l’Intelligenza Artificiale possa “rubare” il lavoro. Ma è una visione parziale: l’IA creerà nuove professioni, nuove figure ibride, nuove opportunità. In futuro, saper utilizzare questi strumenti non sarà un plus, ma una competenza base. Al contrario, non saperli usare significherà restare indietro.

Naturalmente, come ogni tecnologia, anche l’IA non è infallibile. Faccio un esempio banale ma significativo: dialogando con ChatGPT, mi è capitato di leggere che Claudio Ranieri è l’attuale allenatore del Cagliari. In realtà, Ranieri era al Cagliari l’anno scorso, oggi è tornato ad allenare la Roma. Un errore piccolo, certo, ma che ci ricorda una cosa importante: serve sempre il giudizio umano, anche quando ci affidiamo all’intelligenza artificiale.

Infine, voglio accennare a una riflessione generazionale. I nativi digitali, cresciuti con la tecnologia, hanno grande dimestichezza con questi strumenti. Ma noi, nati tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli ’80 (o anche prima!), abbiamo vissuto il passaggio epocale dall’analogico al digitale. E proprio per questo, forse, abbiamo maggiore consapevolezza dei rischi, delle implicazioni etiche e sociali, e dell’importanza di un uso responsabile.

Non voglio demonizzare l’IA, anzi. È uno strumento straordinario. Ma come tutti gli strumenti potenti, richiede attenzione, consapevolezza e spirito critico.

Solo così potremo davvero viverla non come una minaccia, ma come un’alleata nel costruire il nostro futuro.

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