Gloria altrove

In questi anni, sempre più italiani stanno lasciando il nostro Paese. Succede ovunque, ma accade in modo particolarmente doloroso al Sud. Ragazzi e ragazze pieni di talento, di idee, di voglia di lavorare… ma che non trovano qui, a casa loro, le condizioni per costruirsi un futuro dignitoso.

Molti di loro partono per necessità, non per capriccio. Cercano all’estero ciò che in Italia dovrebbe essere normale: lavoro, meritocrazia, rispetto. Non chiedono molto, solo una possibilità concreta di crescere, di contribuire, di sentirsi parte attiva di una società che li valorizzi.

Purtroppo però, troppo spesso si scontrano con un sistema fermo, che non li ascolta. Con contratti precari, stipendi troppo bassi, carenza di servizi, poca fiducia. E allora, con dolore ma con determinazione, decidono di partire.

Ogni partenza è una sconfitta per il Paese. È un vuoto che si crea in una famiglia, in una comunità, in un territorio. È energia che se ne va, competenze che si disperdono, idee che fioriranno altrove. Perché spesso, altrove, quei giovani trovano esattamente ciò che cercavano: un’opportunità.

E allora la domanda è semplice e dolorosa:
perché dobbiamo lasciare che sia un altro Paese a riconoscere il valore dei nostri giovani?

È tempo di dire basta all’abitudine, al “tanto è sempre stato così”. L’Italia ha bisogno di cambiare rotta: investire nei giovani, nella formazione, nella ricerca, nel lavoro vero. Restituire fiducia, creare possibilità, trattenere la speranza.

Non possiamo più permetterci di perdere il nostro futuro.
Perché chi parte non smette di amare questo Paese.
Ma spesso, è questo Paese che smette di amare chi resta.

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