Le bufale andrebbero sempre condannate. Punto. Non importa da dove arrivino, da chi siano state diffuse o contro chi siano rivolte. Una notizia falsa resta falsa, anche quando fa comodo. Anche quando colpisce “quelli che non ci piacciono”. Anche quando a divulgarla è qualcuno che stimiamo o che votiamo.
Il problema, oggi, non è solo la disinformazione in sé. È l’atteggiamento selettivo con cui reagiamo ad essa. Smascherare le bufale è facile quando provengono dal “campo avversario”. È facile indignarsi quando una menzogna arriva da chi non sopportiamo già di nostro. Ma è molto più difficile farlo quando la bufala parte da chi ci è vicino, da chi rappresenta le nostre idee, i nostri ideali, i nostri riferimenti.
E allora capita che quella che definiremmo senza esitazioni una bufala, se fosse uscita dalla bocca di un politico nemico, diventa improvvisamente “una forzatura”, “una semplificazione”, “una provocazione da contestualizzare”. Iniziamo a usare mille giri di parole pur di non dire la verità: è una bugia. È falso. Non è accettabile.
Questo modo di comportarsi non è spirito critico, non è attenzione, non è equilibrio. È solo ipocrisia. È faziosità. È il contrario della coerenza. E sì, proprio come le bufale, anche l’ipocrisia non ha colore. La si può trovare a destra, a sinistra, al centro, nei movimenti antisistema e nei partiti tradizionali. Non esistono “i buoni” e “i cattivi” in blocco, ma solo persone oneste o disoneste intellettualmente, indipendentemente dalla bandiera che sventolano.
Se vogliamo davvero combattere la disinformazione, dobbiamo smettere di usarla come arma quando ci conviene e condannarla solo quando colpisce i nostri avversari. Non possiamo chiedere verità e trasparenza solo a chi non ci rappresenta. Dobbiamo chiederle a tutti, compresi “i nostri”. Solo così la battaglia contro le bufale potrà essere credibile.
La verità non è un accessorio da tirare fuori a intermittenza. O la si difende sempre, anche quando fa male, oppure non la si difende affatto. La coerenza è l’unico modo per essere credibili. Tutto il resto è tifo, propaganda, faziosità. E, in fondo, complicità.