Si è tenuto un importante evento organizzato da Azione e Partito Liberaldemocratico, dal titolo “Dall’Unione Economica all’Unione Politica: verso una Difesa Comune”. All’incontro(moderato Giulia Pompili giornalista de Il Foglio) hanno partecipato figure di grande rilievo: Giulia Pastorella e Luigi Marattin, insieme al Generale Vincenzo Camporini (già Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica e della Difesa), al Generale Pietro Serino (già Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Italiano), e alla Professoressa Emanuela Pistoia, Ordinaria di Diritto Europeo all’Università di Teramo.
La riflessione centrale dell’evento parte da un dato ineludibile: la guerra tra Russia e Ucraina, iniziata nel 2022, non accenna a concludersi. Le truppe russe continuano ad avanzare lentamente, mentre l’Ucraina riesce, con grande resilienza, a infliggere colpi mirati alle infrastrutture e agli obiettivi militari russi. Ma questo conflitto, pur essendo oggi al centro dell’attenzione, è solo uno dei tanti focolai di instabilità geopolitica che attraversano la regione euro-mediterranea e il Medio Oriente.
In questo contesto, appare evidente come l’Unione Europea debba fare molto di più, in modo serio, concreto e coordinato. La sola risposta economica o diplomatica non basta: serve una reale capacità di deterrenza, serve una strategia condivisa, serve — in una parola — una difesa comune.
Gli Stati Uniti d’America sono nati come federazione politica e solo successivamente hanno costituito un esercito federale. L’Unione Europea, al contrario, è nata come progetto economico, fondato sul mercato comune e sulla moneta unica. Ma oggi, per contare realmente nello scenario internazionale, l’Europa deve compiere un ulteriore salto politico. Dotarsi di un esercito comune non significa militarizzare il progetto europeo, ma renderlo maturo. Significa dare all’Europa una voce unica, forte e credibile, capace di dialogare alla pari con Washington, soprattutto in ambito NATO.
Secondo i sondaggi, il 31% dei cittadini europei desidera una politica estera e di sicurezza comune. Questo dato, sebbene non ancora maggioritario, è un segnale importante: indica una crescente consapevolezza tra i cittadini che la sicurezza non può più essere gestita solo a livello nazionale.
Quando si decide di mettere qualcosa in comune — che si tratti della moneta, delle frontiere o della difesa — bisogna essere consapevoli che esistono costi e benefici. I costi si manifestano nel breve termine: coordinamento, rinuncia a una parte della sovranità, spese comuni. Ma i benefici, nel lungo periodo, sono enormi: stabilità, forza negoziale, protezione, autonomia strategica.
In un mondo ormai globalizzato, la retorica del “a casa mia comando io” non ha più senso. Nessuno Stato europeo, preso singolarmente, è in grado di affrontare da solo le sfide globali: che si tratti di crisi militari, cambiamenti climatici, pandemie, o cyberattacchi. L’illusione sovranista, che si oppone per principio alla cooperazione, è non solo miope, ma dannosa. Di fronte a problemi complessi, servono soluzioni condivise.
Le guerre del XXI secolo non si combattono solo con carri armati e missili. Esistono minacce ibride, come la disinformazione, il sabotaggio digitale, il furto di dati strategici, le ingerenze economiche. L’Italia, ad esempio, dispone oggi di un’Agenzia per la Cybersecurity, ma ancora non redige regolarmente relazioni dettagliate sui rischi cibernetici. Questo è un segnale preoccupante: senza conoscenza del pericolo, non può esserci difesa efficace.
Le guerre ibride, infatti, possono essere silenziose ma devastanti. Ed è proprio in questo ambito che l’Unione Europea può e deve intervenire, sviluppando capacità di difesa comuni anche sul fronte digitale, dove il coordinamento tra Stati è essenziale.
Storicamente, l’Unione Europea ha fatto passi avanti solo in seguito a grandi shock: la crisi del carbone e dell’acciaio dopo la guerra, la crisi finanziaria del 2008, la pandemia da COVID-19, l’invasione dell’Ucraina. È tempo di non aspettare il prossimo shock. È tempo di costruire un’Unione Politica vera, dotata di strumenti di difesa, sicurezza e autonomia.
Solo un’Europa forte, unita e determinata può affrontare il futuro con fiducia. Solo un’Europa che sa difendersi può parlare davvero di pace.