La parte della mozione congressuale, di Luigi Marattin. che più mi ha colpito è quella relativa alla formazione.
Mi ha convinto, in particolare, la concretezza della proposta: non solo corsi teorici, ma anche simulazioni di policy games, pensate per imparare a gestire scenari reali, e tirocini presso le istituzioni, per confrontarsi direttamente con la complessità della macchina pubblica.
Tutto questo con una valutazione seria e basata sul merito. Chi si impegna in questo percorso potrà ottenere un titolo preferenziale per incarichi e candidature nel partito.
Un meccanismo che valorizza la preparazione, non la fedeltà cieca; il merito, non il volume della voce nei talk show.
È questo il tipo di politica a cui voglio appartenere: una politica che non improvvisa, che non rincorre i like, ma che forma cittadini e dirigenti capaci e responsabili.
Una politica che ha chiaro quanto la democrazia sia fragile, e quanto serva una classe dirigente all’altezza per proteggerla, migliorarla, renderla credibile.
Anche per questo sono felice di far parte del Partito Liberaldemocratico. Perché qui, finalmente, si afferma con chiarezza un principio che dovrebbe essere ovvio — ma che troppo spesso non lo è più: chi vuole cambiare il Paese deve sapere come funziona il Paese.
Se non investiamo nella formazione, continueremo ad affidarci agli slogan, al carisma, alla rabbia. Ma così perdiamo tutto: la complessità, la competenza, la speranza.
Per questo sostengo questa proposta senza esitazioni: perché senza formazione non c’è politica. C’è solo confusione.
Meno male che c’è ancora qualcuno che parla di politica.