Autodazi: geniali o autogol?

Ogni tanto sentiamo dire che l’Unione Europea si “autoimpone dazi”, come se si sparasse sui piedi da sola. Ma davvero l’UE si fa del male da sola? Oppure dietro c’è una logica, anche se poco chiara a prima vista?
In realtà l’UE non si mette dazi addosso. Impone tasse (dette dazi doganali) ai prodotti che arrivano da Paesi extraeuropei, ad esempio le auto elettriche cinesi. Perché? Per proteggere le industrie europee da una concorrenza che definisce “sleale”, fatta di prezzi bassi ottenuti grazie ai sussidi statali.
È come dire: se una fabbrica cinese riceve soldi dal governo e riesce a vendere un’auto elettrica a metà prezzo rispetto a quella tedesca, il mercato rischia di essere falsato. Le aziende europee non possono reggere il confronto. Quindi l’UE mette un dazio: una tassa all’ingresso, per far costare un po’ di più quella macchina cinese. Risultato? Più equilibrio nel mercato.
Certo, non è gratis: il consumatore europeo paga di più. E c’è il rischio che la Cina si offenda e imponga a sua volta dazi contro i nostri prodotti. Ma per Bruxelles il gioco vale la candela: si tutelano industrie, posti di lavoro e autonomia strategica.
Ma i soldi degli autodazi dove finiscono? Qui arriva il bello: vanno direttamente al bilancio dell’Unione Europea, non ai singoli Stati. Quindi, paradossalmente, comprare un’auto cinese in Europa oggi significa anche finanziare l’UE. Un po’ come se la concorrenza aiutasse a pagare i fondi europei.
In sintesi: non è un autogol, ma un rigore tirato con rischio. Può andare bene o male, ma non è un gesto folle. È una strategia: discutibile, ma chiara. E se ora ti sembra tutto un po’ più logico… allora missione compiuta.

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